domenica 3 marzo 2013

American Slimmy


Giancarlo Caracuzzo - "Ernesto"





Qualche settimana fa il ministro della salute inglese ha fatto una esternazione per cui è stata aspramente criticata dai giornalisti, asserendo: "Si può dedurre il background sociale di una persona dal suo peso. E' straziante riconoscere che i bambini più poveri sono quelli a maggior rischio di obesità." E saremmo ipocriti a negarlo, perchè i cibi più economici sono in genere quelli a base di zuccheri e grassi.
Non so se vi sia capitato di guardare il Masterchef americano. Lo stesso Bastianich, così intransigente verso i concorrenti italiani, approva dei piatti che hanno l'aspetto di sofficini ricavati dal brontosauro.
E  i concorrenti si avventurano in "mappazzoni" indicibili, giudicati da uno chef esageratamente sovrappeso.
Il culto per il cibo non è evidentemente tra le priorità per il popolo americano.
La buona notizia, però, è, che complice anche l'attivismo di Michelle Obama, che ha iniziato tre anni fa la sua crociata, negli Stati Uniti si sta riducendo, seppure di poco, quella che possiamo definire una vera patologia,  che porta sempre con sè il diabete,  e infinite malattie collegate: una grande ricerca federale prova che i ragazzini iniziano ad ingurgitare meno calorie, e anche gli adulti dai 40 ai 59 anni stanno abbondonando le terribili abitudini che hanno portato quasi il 36% della popolazione all'obesità. Vanno sicuramente meglio i cinquantenni bianchi e gli afroamericani,  mentre gli ispanici sono ancora in ritardo, consumando ancora troppi carboidrati.
Perfino le grandi multinazionali produttrici di merendine e cibo spazzatura, per non perdere fatturato, si riciclano in qualche modo, inventando delle confezioni accattivanti che in realtà nascondono semplici carote.
E se obesità e sovrappeso cominciano ad essere curate nei paesi industrializzati, vengono comunque considerate le epidemie del futuro, con conseguenze molto serie sulla salute degli individui. Il fatto che sempre più Paesi emergano dalla povertà e procedano verso un benessere diffuso, rischia di rappresentare per i loro cittadini un fattore non completamente positivo, sul piano sanitario e dell'ambiente globale, se diffonderà in tutto il mondo le pessime abitudini alimentari americane. Ormai è provato che troppa carne, troppi grassi, troppo zucchero costituiscono alla lunga dei veleni. Ed è altrettanto chiaro che i cibi che fanno peggio alla salute fanno male anche all'ambiente, perché derivano da produzioni più inquinanti.
 Un dato ancora più sconfortante: un terzo della produzione alimentare mondiale va sprecata: ogni anno si perdono 1,3 miliardi di tonnellate di cibo. Secondo la Fao, nei Paesi in via di sviluppo succede perché mancano i mezzi di trasformazione e conservazione delle derrate alimentari. Nelle nazioni ricche, invece, lo spreco avviene all'interno delle famiglie. Per rimanere in Italia, ogni anno buttiamo nella spazzatura 6,6 milioni di tonnellate di cibo, una media di 146 chili a testa. Un vero schiaffo alla povertà.


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